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LA PATRIA ED I SUOI EROI
Parte 1: RICERCA DI GIUSTIZIA
La Volta. Poco tempo fa.
Un affranto Basil Sandhurst è seduto sulla scomoda branda della sua cella: è immobile da ore, ma non perché sia pensieroso, quanto perché è così che reagisce quando la noia e lo sconforto lo assalgono. Da quando Iron Man e Iron Fist lo hanno catturato nel Mali, non è più riuscito a trovare un modo per evadere da
questa prigione: vuole uscire fuori, poter controllare le persone più potenti di questo pianeta, sfruttare le loro energie per i suoi fini… ma non può. E recentemente si è per lui aggiunta una beffa: secondo una direttiva che permette di togliere o limitare ai supercriminali l’ uso dei propri poteri o dispositivi speciali, gli è stato impiantato un suo stesso congegno di controllo. È insomma divenuto vittima della sua stessa creazione. Ogni sua giornata, programmata fin nei minimi dettagli, è mortalmente uguale alle precedenti: sono stati i Vendicatori a suggerire ciò, che siano dannati, li scoverà e…
E poi? Non ha mai sconfitto Iron Man, quali speranze ha contro tutti loro? La cosa che più snerva quest’ uomo noto anche come Controllore è essere consapevole di tutto ciò che fa… e non poter fare nulla per cambiare le cose. Non poterle controllare appunto. Che sia giunta per lui la fine?
“No, Basil Sandhurst, per te non è ancora giunta la fine. Le cose possono cambiare”.
Questa voce… sembra provenire da ogni parte, eppure non c’è nessuno.
“Chi sei?” chiede il criminale.
“Prima che io ti risponda, devi assicurarmi una cosa: che mi seguirai ciecamente e non metterai mai in discussione i miei ordini”.
“Non mi sembra una bella prospettiva”.
“A mio avviso è decisamente migliore che rimanere chiuso in questa prigione. Io invece ti offro la libertà… e ben presto avrai anche il potere nelle tue mani”.
La scelta è praticamente obbligata, ma nonostante tutto passano ancora alcuni secondi prima che il Controllore dica:”Accetto. Ma cosa intendi fare col dispositivo di controllo? Posso dire quello che voglio, ma ogni mia azione è predisposta e controllata”.
“Sandhurst, sono penetrato non visto in questa prigione di massima sicurezza, ho interrotto le telecamere di sorveglianza puntate
sulla tua cella e nessuno si accorgerà di questo finché non ce ne saremo andati. Credi davvero sia un problema per me rimuoverti quel dispositivo?”.
“Ma chi sei tu, che hai così tante risorse?” domanda ancora il Controllore.
Stavolta ha la risposta quando una piccola nube di fumo compare all’ esterno della sua cella, diradandosi rapidamente.
“Oh, sei tu” è l’ unico commento del criminale.
“Sì, posso immaginare che tu non abbia una grande considerazione di me” ribatte il suo misterioso interlocutore “Ma sono cambiato, sono molto più potente di quanto non lo fossi in passato. E presto te ne accorgerai”. Detto questo estrae una tessera magnetica sottratta ad una guardia che ci metterà ancora alcune ore ad accorgersi del furto e, inserendola in una fessura, interrompe la griglia energetica posta davanti alla cella.
“Andiamo”.
“Ti ho detto che non posso, la mia prossima uscita è programmata tra dodici ore”.
“Oh, scusa, dimenticavo”. La persona misteriosa entra nella cella, si avvicina a Basil Sandhurst ed i suoi occhi si illuminano di una luce rossa quasi magica. “Alzati e cammina”. È un ordine che sovrasta ogni altra programmazione: il Controllore si alza dalla sua branda ed esce dalla cella. Tuttavia il suo sguardo non sembra essere così felice.
Palazzo dei Vendicatori. Oggi.
Prosegue la marcia del Nuovo Ordine del gruppo: l’ Ordine è stato definitivamente abbandonato e, con parte della sua eredità, si è dato vita a questa nuova incarnazione degli Eroi più Potenti della Terra. La prima missione li ha visti felicemente ma anche duramente sottrarre la città di Attilan
ai Kree guidati da Ronan l’ Accusatore: ora gli Inumani sono al sicuro in Slorenia. Ma altre minacce si prospettano all’ orizzonte. Minacce che loro contrasteranno, sia con i veterani che con i nuovi componenti.
Tra questi ultimi, anche se solca questi corridoi già da svariate settimane, uno spicca in particolare: Jeffrey William Steven Mace, alias Capitan America. Sembra trascorsa una vita, ed invece sono passati solo pochi mesi da quando questo ragazzo poco più che ventenne ha deciso di portare avanti una tradizione, di diventare il nuovo simbolo del sogno americano. Inizialmente, ed inevitabilmente, era pieno di dubbi ed incertezze, ma oggi si è lasciato tutto alle spalle: era negativo per la sua missione, ma soprattutto per lui. Ora è certo del suo ruolo e della giustezza della sua decisione ed è in nome di questa certezza che si è aggregato ed ha trovato spazio nei Vendicatori. Deve ringraziarli in più di un senso, fin da quando è entrato nel gruppo nessuno ha mai messo in dubbio le sue capacità, anzi, alcuni di loro lo hanno incoraggiato ed hanno ulteriormente forgiato il suo carattere. Ciò che Steve Rogers crea… i Vendicatori portano a termine. Oggi è tempo di compiere un ulteriore passo, un passo a cui
ha pensato spesso ultimamente, ha valutato se era il caso di intraprenderlo. La risposta è stata un deciso sì.
Così ha chiesto ed ottenuto un colloquio privato con Visione e Wasp. Ora i due eroi ed amanti lo osservano, ansiosi di sapere il motivo di questa chiamata.
Capitan America passeggia su e giù per la stanza, quasi nervosamente, poi si volta:”Sapete, sono contento della nuova piega che abbiamo preso ultimamente, mi solleva dal fatto di non aver abbandonato questo gruppo. E sono convinto che il discorso del Nuovo Ordine può essere ulteriormente allargato”.
“In che modo?” chiede Viz.
“Voi sapete ciò che rappresento: gli Stati Uniti, i suoi valori, il sogno americano. Ma tutto questo ogni giorno viene calpestato, da politici e uomini senza scrupoli: io intendo intervenire laddove il sogno americano si è allontanato dalla retta via. Ma non lo farò da solo, seguirò la tua politica di coordinare il maggior numero possibile di supereroi, Visione: perché questo è un obiettivo meritevole di essere perseguito da più persone che o stanno troppo nell’ ombra o sprecano le loro potenzialità in attività poco proficue. Io sono certo di poter coordinare i loro sforzi al meglio”.
“Dunque vorresti… creare una sorta di gruppo da te guidato?” chiede Janet Van Dyne.
“Esatto. Vi pare forse una decisione troppo arrogante od affrettata? In effetti è da poco che…”.
“Nulla è avventato se ci credi profondamente, Mace” afferma Visione “E tu, lo vedo dai tuoi occhi, ci credi davvero”.
“Janet non mi aveva parlato della tua vena filosofica… Viz” sorride il ragazzo.
“Riserva sempre delle sorprese questo amabile sintezoide” ribatte Wasp stringendosi a lui, ma staccandosi subito dopo.
Cap comunque pare non averci fatto caso. “Allora mi metterò subito al lavoro” dunque dichiara.
“Hai già in mente qualcuno?”.
“Ho già in mente tutti”.
“Questa sì che si chiama pianificazione” afferma l’ eroina “E hai già deciso il nome del tuo gruppo?”.
“Prima pensiamo a radunarlo” ribatte Mace “Alle formalità penseremo dopo”.
Boston, il giorno dopo.
La tranquillità della mattinata viene bruscamente interrotta dall’ assordante suono dell’ allarme di una banca che annuncia una rapina in corso. E pochi secondi dopo i furfanti escono di gran lena, con molti sacchi pieni di soldi.
“Ragazzi, qui è una pacchia” dice uno di loro “Una città dove non esistono quegli impiccioni dei super…”. Un violento pugno sferrato al suo volto lo mette ko e pone fine al suo sproloquio.
“Dicevi?”. A parlare è stata una giovane ragazza, sui venticinque anni, il suo costume
che ricorda molto la bandiera americana. Lei è Elizabeth ‘Lizzie’ Mace: fino a
poco tempo fa era solamente la sorella sconosciuta di Capitan America, ma
ultimamente ha deciso di seguire anche lei le orme del suo celebre nonno, il
supereroe noto come Patriota. E così ha adottato l’ alias di American Dream.
Gli altri rapinatori non rimangono immobili a condividere il destino del loro compagno: balzano a bordo della loro auto e partono sfrecciando. Lizzie, però, li insegue prontamente grazie alla sua moto: in breve, ad incredibile velocità, si avvicina loro.
“Spero che l’ assicurazione mi ripaghi il danno” trova il tempo di pensare l’ eroina. Poi compie un balzo prodigioso e balza sul tettuccio dell’ automobile, mentre la moto cade a terra e, sprizzando scintille, va infine a cozzare contro un lampione.
I rapinatori si accorgono subito che è accaduto qualcosa e rallentano la loro corsa. Uno di loro apre un finestrino per dare un’ occhiata e Lizzie ne approfitta immediatamente: si protende, lo afferra per il bavero e lo scaraventa via. Poi, con incredibile agilità, si fionda all’ interno dell’ abitacolo, cogliendo di sorpresa un altro rapinatore con un doppio calcio che lo mette ko facendogli cozzare la testa contro il finestrino.
“Brian! Occupati di lei!” grida il guidatore, preoccupato.
Ma Brian è troppo lento: prima ancora che riesca ad estrarre la sua pistola, Lizzie si lancia in avanti e con un pugno lo mette fuori causa. Poi afferra il volante e lotta col guidatore per mantenere il controllo della vettura. Alla fine, dopo paurose sbandate, il mezzo va a finire in un fossato, dove termina la sua corsa, le ruote che girano a vuoto ancora per qualche secondo. Poi una portiera viene aperta e ne esce
American Dream, con solo un paio di superficiali graffi, estraendo i tre rapinatori privi di coscienza. Una volta che li ha posati sul ciglio della strada, sente un applauso alle sue spalle. La donna si volta e si trova davanti a suo fratello, Capitan America per inciso.
“Brava, veramente notevole” commenta Jeff Mace “Ah, non preoccuparti degli altri malviventi: la polizia locale si sta già occupando di loro”.
“Cosa ci fai qui, tu?” esclama Lizzie, con tono un po’ alto “Sei venuto a rubarmi il territorio?”.
“Ehi, ehi, quanta animosità. No, sorellina, voglio farti una proposta: unirti a me per la fondazione di un gruppo di eroi americani”.
“Non ti bastano più i Vendicatori?”.
“Sono un’ agenzia ONU ora, come ben sai: certo, i loro interessi si rivolgono un po’ ovunque, ma stiamo cercando in questi giorni di coordinare gli sforzi di quanti più supereroi possibile, perché le loro capacità non vadano sprecate in attività poco utili”.
“Dunque hai pensato subito a me? Io farei attività poco utili? Teoricamente ti
avrei aiutato contro l’ AIM”.
“Sì e di questo non ti ringrazierò mai abbastanza. Ho ovviamente seguito da vicino i tuoi exploit come
American Dream, il modo in cui hai aiutato a sventare quella invasione aliena è
stato strepitoso. Inoltre grazie a te nostra sorella Roberta è stata liberata e hai sconfitto un nemico insidioso come la Tigre Volante, insidioso nonostante l’ alias che ha deciso di adottare. Sei perfetta per ciò che ho in mente”.
“Ovviamente guideresti tu questo gruppo”.
“Beh… certo, ma coordinamento sarà la parola d’ ordine”.
Dopo alcuni istanti, Lizzie Mace annuisce:”D’ accordo, fratello, accetto la tua proposta: voglio proprio vedere cosa ne esce fuori da questa esperienza”. Ma dentro la mente della donna si agitano altri pensieri: è da qualche tempo che prova un sentimento di rivalsa, ai confini dell’ odio, nei confronti di Jeff. Voleva essere lei Capitan America, se n’era mostrata degna come e più di lui: ma una assurda logica maschilista aveva fatto sì che le venisse preferito il suo fratello minore. Le sue imprese da supereroina hanno ripagato la sua profonda amarezza, ma solo in minima parte. Chissà, forse stando accanto a Jeff gli farà capire di essere migliore. Di meritare quel costume e quello scudo, di meritare quel mitico alias. “Qual è la prima missione?” chiede dunque.
“Far uscire una persona di prigione” è la tranquilla risposta di Capitan America.
Ai confini di Millertown, Vermont.
Il Controllore, il suo liberatore ed altre due persone si avvicinano ad un cartello, che recita semplicemente:”MILLERTOWN, 3500 abitanti”.
“Qui” si limita a dire colui che aveva fatto evadere Basil Sandhurst.
“Come mai?” chiede il Controllore.
“Qui respiro aria di famiglia” replica il suo interlocutore.
Prigione federale di Boston.
“E dunque ecco l’ ordinanza del giudice che dispone l’ immediata scarcerazione del soggetto per non aver commesso il fatto” proclama Capitan America.
“Io non ho alcuna obiezione” dice il direttore del carcere “Ma le assicuro che sarà difficile convincerlo ad uscire: si sta lasciando morire, ormai quasi non mangia più”.
“Io possiedo delle argomentazioni che, ne sono certo, lo persuaderanno” conclude Mace avviandosi verso una cella, seguito a ruota da sua sorella. Arrivano infine in un luogo buio, dove si può solo intuire ci sia una forma rannicchiata nell’ oscurità. “Bruce Dickson?” chiama Cap, non ottenendo risposta. “Bruce Dickson!” esclama allora a voce più alta.
Si ode qualcosa, dei passi si avvicinano ed infine un volto appare. “Vattene via, Capitan America: lo so cosa vuoi dirmi, hai già tentato di farmi uscire da qui, ma non c’è verso. Ho ucciso una persona e sono l’ ultimo componente
rimasto in vita dei Kalahiani: non ho più alcuna ragione di vivere”.
“Temo ci sia un piccolo malinteso” dice Jeff “Mi ha confuso col precedente Capitan America: anche con la maschera, si nota bene che sono una persona diversa”.
“È vero, non me ne ero accorto” afferma Bruce Dickson “Comunque la mia decisione non cambia: oltretutto ho già fatto il mio tempo, ci si stanca un po’ quando si hanno più di novant’anni”.
“Ma non li dimostra affatto” interviene Lizzie, un po’ sorpresa.
“Già: la mia fisiologia particolare mi fa invecchiare meno rapidamente del
solito, un po’ come accade
per gli atlantidei. Sono le proprietà magiche della mia terra. Ah, ma perché spreco il tempo a parlare con voi? Andatevene!”.
“Rimanere qui dentro va contro i suoi stessi interessi” ribatte Cap.
“Ho detto di…”.
“L’ Agente Asse è ancora vivo”.
Questa frase lascia di sasso Bruce Dickson, che poi dice:”Stai mentendo”.
“Osservi queste foto scattate da un satellite e veda coi suoi stessi occhi”.
L’ uomo le prende quasi con foga e le osserva attentamente, una ad una, più volte. “Non ci casco” dichiara infine “Saranno sicuramente state scattate prima della sua morte, oppure saranno dei fotomontaggi”.
“Quel camioncino che vede in più foto è stato prodotto solo a partire dall’ anno scorso, dunque queste immagini non riguardano il passato dell’ Agente Asse. Quanto ai fotomontaggi… crede davvero che sarei venuto fin qui solo per tirarle un macabro scherzo?”.
“Cosa vuoi da me?”.
“Aiutarla. Io ho studiato bene la sua storia e le sue imprese: lei è Bruce Dickson, alias Thin Man, componente degli Invasori, eroe che agiva già al tempo della Seconda Guerra Mondiale. Sa che molti suoi colleghi di allora sono rispuntati ultimamente?
E non parliamo poi dei loro discendenti” e nel dire questo Jeff fa un sorriso a
sua sorella “È tempo che anche lei torni in pista”.
“Anche se l’ Agente Asse fosse ancora vivo… bada bene, non ho ancora detto che ci credo… Kalahia, rimane…”.
“Invece si sbaglia anche su questo: recentemente una… ehm, branca speciale di Vendicatori si è ritrovata casualmente su Kalahia ed ha scoperto che non è stata affatto distrutta*. Dunque, se la città ancora esiste, perché non pensare che esistano ancora anche i suoi simili?”. Dickson non sa cosa rispondere. “Mi creda, l’ Agente Asse e forse qualcun altro hanno voluto fare un perfido gioco con lei: io ritengo sia giusto a questo punto che lei faccia loro vedere che non è più una loro vittima. Che
lei rimane pur sempre un vero eroe”.
* Sui primi numeri di Vendicatori dei Grandi Laghi
“Kalahia ancora in piedi?” chiede Thin Man. Cap annuisce. “E tu puoi farmi uscire da qui?”. Cap annuisce ancora. “Fallo, allora”. Mace sorride.
Lizzie ha assistito al tutto ammirata, ma anche un po’ sorpresa. Non aveva finora mai visto suo fratello in azione: ed è decisamente più risoluto di come immaginava. Più risoluto di lei?
New York, Harlem.
Il giovane Trey Rollins non sa ancora se abbia ricevuto dal destino un dono od una maledizione: stava passeggiando per strada quando qualcosa di luccicante l’ aveva attirato. Era entrato così in un edificio fatiscente, nettamente in contrasto con l’ armatura dorata adagiata in un angolo. Poi l’ edificio era crollato: salvo, neanche un graffio. “Che culo” pensa sempre ogni volta che ritorna con la mente a quell’ evento. O forse qualcuno ha voluto che lui si salvasse: perché indossasse quell’ armatura dorata… ma a quale scopo? Certo non per
aiutare lo sfortunato professor Hopkins, ucciso da Mick the Gick, ancora a piede libero. Un tragico fatto di cui si sente in parte responsabile, avrebbe dovuto evitarlo. Cosa farsene ora dunque di questa armatura?
Forse la risposta sta per arrivare, sotto forma di imponenti passi che si avvicinano alla sua casa. Quando la persona all’ esterno bussa, è un miracolo che la porta non cada giù.
“Chi è?” chiede Trey.
“Apri, marrano!” dice una possente voce “Devo punirti per l’ impostore ed il ladro che sei”.
“Ehm, mi spiace, i miei genitori non sono in casa ed io non apro agli sconosciuti”. Cristo, che casino! Cosa vuole questo adesso?
“Non costringermi ad usare le maniere forti per riprendermi l’ armatura!”.
“La… Lei è a conoscenza della mia armatura?”.
“Indugi ulteriormente, perciò…”.
“No, aspetti, aspetti”. Se ‘sto tizio inizia a distruggere casa, chi li sente i suoi genitori? Trey apre così la porta, trovandosi di fronte ad un colosso erculeo. Ercole, appunto. “Russell Crowe?” domanda un Trey disinformato.
“Cotanta ignoranza di certo non è appannaggio di un eroe” dice il semidio “Sono Ercole e provengo dall’ Olimpo!”.
“Ah, sì, certo”. L’ Olimpo, la terra di cui ha letto in quei libri di mitologia
che tanto adora. “Fa freddo da quelle parti?”.
“Basta tergiversare, mio padre ci sta aspettando” e così dicendo lo abbranca al bavero, portando con sé anche l’ armatura. Poi vi è un lampo accecante ed i due si ritrovano catapultati in un mondo incantato, mitologico: Olimpo, la dimora degli dei greci.
Il giovane Trey rimane incantato dalla sua vista, gli sembra quasi di essere stato catapultato in un sogno.
Proprio come era descritta nei libri, sì, deve essere un sogno. Ma lo sguardo di colui che si proclama Ercole non è esattamente materia onirica. Subito dopo avanza un’ altra maestosa figura, un uomo con una fluente barba rossa che tiene in mano un’ asta: costui è Zeus, padre del semidio e di molti altri dei dell’ Olimpo.
Trey è sempre più incredulo: davvero è al cospetto dei mitologici dei greci?
“Dunque è costui quello che tu affermi essere un’ impostore?” dice Zeus con tono quasi affermativo.
“Esatto, padre” conferma Ercole “Quella che indossa è indubbiamente l’ armatura forgiata millenni fa dalla dea Atena per il guerriero Diomede e da tempo perduta. Questo ragazzo se n’è appropriato, forse sobillato da uno dei nemici dell’ Olimpo…”.
Zeus alza una mano e basta questo ad interrompere il discorso di Ercole. “A quanto pare la verità, figlio mio, è ben diversa. Ho svolto delle indagini ed ho qui colei che solleverà il velo su questa vicenda”.
E ad un suo gesto, dietro di lui compare una donna di straordinaria bellezza. Una bellezza divina. Atena.
“Sei tu la responsabile?” chiede un incredulo Ercole.
“Sì” risponde Atena “Io ho piazzato l’ armatura da me forgiata in quell’ edificio e sempre io ho fatto sì che il ragazzo di nome Trey Rollins la ritrovasse”.
“Ma… Ma perché?” chiede il diretto interessato.
“Queste non sono domande che devi porre per il momento” ribatte Atena “Sappi
solo che in futuro sarai chiamato ad una difficile battaglia, dal quale
dipenderà non solo il tuo destino. Ed avrai bisogno di tutta la potenza che
quell’ armatura potrà fornirti: dunque impara ad usarla bene ed apprendine i segreti”.
“Ehi, signora, ma perché parla in questo modo così crapti… crippi… in modo così misterioso? Me lo dica chiaro e tondo cosa devo fare!”.
“Ragazzo” interviene Zeus “Se Atena non ti avesse così a cuore, saresti già stato punito per queste tue sprezzanti parole. Ora è tempo che ritorni al tuo mondo”.
“Allora ditemi una sola cosa: perché io?”.
Vi è qualche istante di silenzio. Poi Atena risponde:”Perché sei la persona più adatta per il compito che ti attenderà. Ora vai, mio protetto”.
Vi è un altro lampo accecante ed Aegis scompare. Dunque Ercole si rivolge ad Atena:”Anche se non comprendo la tua motivazione, la rispetto. Chiedo scusa per il mio comportamento irruente”.
“Tu dovrai stare accanto a quel ragazzo, figlio mio” dice Zeus.
“Spiegati, padre”.
“È ancora inesperto, come hai potuto constatare. Non devi seguirlo ad ogni piè sospinto, basta solo che tu sorvegli anche da lontano le sue azioni ed imprese e le riferisca a me e
ad Atena”.
“Vedrete che si rivelerà degno della nostra fiducia” afferma la dea “Ed entro breve tempo lo dimostrerà”.
Gary, Indiana. Quella notte.
“Perché siamo venute in questo quartiere sconcio, Jeff?” chiede Lizzie Mace “Qui ci sono solo prostitute e spacciatori”.
“C’è anche una persona che stiamo cercando”.
“Si trova forse da queste parti sotto mentite spoglie?”.
“Purtroppo no”.
Con la loro macchina, i due si avvicinano al bordo di un marciapiede. L’ interno del veicolo è in ombra, dunque dall’ esterno non si riesce a vedere chi sia il guidatore o i suoi passeggeri.
Subito una donna ingioiellatissima ed in minigonna stretta si avvicina all’ auto. Avrà diciotto anni, a voler essere ottimisti. Pur con tutto il cipiglio militare che possiede, Lizzie non riesce a trattenere un moto di stupore, mentre nota l’ impassibilità di Jeff di fronte a questo fatto: forse la lunga lotta nelle strade lo ha ormai reso insensibile rispetto a questo che per lui è solita routine?
“Ehi, abbiamo un timido qui” dice la prostituta “Che non vuole farsi notare. Vuoi spassartela, tesoro? Qui in strada o in un comodo albergo scelto da me: dimmi pure”.
Cap sporge un braccio all’ esterno:”Voglio quella ragazza”. Sta indicando una
donna, con capelli rossicci, pesantemente truccata. Il suo viso è molto triste, sembra non esservi mai passata l’ ombra di un sorriso.
“Chi, Priscilla?” esclama la prostituta “Non ti conviene, tesoro. Quella è una frigida, che gode solo se qualcuno le fa del male. Io invece posso darti piacere oltre ogni limite”.
“Voglio quella” ripete Mace.
“Fai come ti pare e vaffanculo” conclude la ragazza allontanandosi. Si reca dalla donna indicata da Mace e le parla per qualche secondo: poi
costei si avvicina all’ auto.
“Sono 50 in auto e 100 in albergo. Niente baci sulla bocca o cun…”. Poi Cap si sporge in avanti, facendo sì che lei possa vederlo bene in faccia. Ed allora lo accoglie col migliore dei saluti. “Che cazzo vuoi?”.
“Due insulti in meno di un minuto, un record” pensa Lizzie.
“Salvarti dal baratro in cui ti sei cacciata, Priscilla Lyons” risponde Jeff Mace.
“Baratro? Chi ti dice che questo per me sia un baratro? Magari è proprio quello che voglio”.
“A giudicare dall’ espressione del tuo viso non si direbbe. Su, salta un attimo in macchina e parliamo un po’. Starò buono, lo giuro” conclude con un sorriso l’ eroe. Priscilla rimane immobile. “Forza, che già stanno cominciando a guardare, non insospettiamoli troppo”. La donna non sa spiegarsene poi il motivo, forse una forza sconosciuta che l’ ha esortata: fatto sta che apre la portiera e sale sull’ automobile.
Immediatamente nota Lizzie, rimasta fino a quel momento nascosta tra le ombre. “Chi è questa?”.
“Una persona fidata, stai tranquilla” risponde Cap mettendo in moto.
Per alcuni minuti percorrono vie solitarie, il silenzio la loro unica compagnia. Infine è Priscilla a rompere il silenzio. “Come mi hai trovato?”.
“Ognuno lascia delle tracce dietro di sé, Priscilla Lyons” risponde Jeff Mace “E tu te ne sei lasciate indietro molte: sei l’ ex eroina nota come Vagabond, sei stata accanto al mio predecessore in un momento difficile della sua carriera e ti sei fatta un nome. Poi lo hai abbandonato e hai cercato di percorrere una strada solitaria: ma cattive
conoscenze ti hanno portata nel Programma Flagello, da cui sei infine uscita grazie a USAgent. E poi… poi hai ripercorso le strade supereroistiche: eravamo insieme quando il Teschio Rosso
tempo fa ci ha catturati, poi sei stata vista in Florida, nel corso dell’ assalto di una banda armata al covo di Slug. Di te poi si sono perse le tracce, fino a quando, con mia enorme sorpresa lo ammetto, sei stata una notte in prigione dopo una retata della buoncostume”.
Vagabond non replica.
Dunque Mace la osserva dritto in faccia:”Come sei arrivata a questo?”. Il tono è neutro, non accusatorio: non la sta giudicando.
Dunque Priscilla inizia a parlare, a confessare i suoi peccati:”È iniziato tutto per caso. Dopo l’ assalto a Slug avevo ancora vanamente riprovato a farmi un nome nell’ ambiente supereroistico, ma senza risultato. Per tutti ero meno di niente, al massimo la puttanella che era stata insieme a Nomad. Ed un giorno… una mia amica… ex amica, mi invitò nella casa di un suo fidanzato. E lì mi chiese maliziosamente se mi sarebbe piaciuto osservare lei ed il suo ragazzo fare sesso. Avrei dovuto rispondere di no, arrabbiarmi ed uscire sbattendo la porta… e invece… Non avevo una relazione da chissà quanto tempo, non ero appagata della mia vita sessuale. Ed annuii. Li vidi mentre ansimavano, sudavano… traevano piacere l’ uno dall’ altra. E… il tutto mi attrasse, molto. Questo fu solo il primo passo. Scoprii di essere malata di sesso, di volerne sempre più, di provare l’ ebbrezza di stare con degli sconosciuti…”.
“D’ accordo, posso immaginare il resto” la interrompe Capitan America.
“Come hai potuto fare cose del genere?” chiede con tono sprezzante Lizzie.
“Stai zitta tu!” si volta Vagabond gridando “Cosa ne sai di quello che ho passato? Odio la gente che si permette di dare dei giudizi senza conoscere le persone”.
“Francamente… quello che ho sentito mi basta. Personalmente mi fai schi…”.
“Basta così” la blocca Cap con risolutezza “Ricordate che presto potreste essere compagne di squadra e dovete abbandonare da subito questi atteggiamenti prevaricatori”.
“Compagne di squadra?” esclama Priscilla.
“Sì, Vagabond, è questo il motivo principale per cui sono venuto fin qui: sto radunando vari eroi americani per formare un gruppo. Voglio offrirti una seconda possibilità: le tue esperienze del passato per me non contano, hanno importanza solo le tue capacità e la tua voglia di riscatto. Non dipende da me il farti un nome nell’ ambiente supereroistico, questo è un compito soprattutto tuo. So che però, accanto ai Vendicatori, questa potrebbe essere la tua grande occasione”.
“Farò parte dei Vendicatori?”.
“No, questo è un diritto che ti devi guadagnare sul campo”.
Seguono altri lunghi istanti di silenzio. Poi Cap estrae qualcosa da una sua tasca e la porge a Priscilla:”Ecco qui i tuoi cento dollari. Sei libera di prenderli e tornare alla vita di prima: io non verrò mai più a disturbarti, è una promessa. Oppure…”. La frase resta sospesa nell’ aria quasi in tono di minaccia.
Vagabond osserva lui, poi la banconota da cento, poi ancora Mace. Infine distoglie lo sguardo:”Metti via i tuoi soldi, ho deciso: verrò con voi”.
Capitan America sorride:”Non ti pentirai di questa scelta”.
“L’ ha messa alla prova” pensa intanto Lizzie Mace “L’ ha messa di fronte a due vie, facendo sì che emergesse la forza di volontà di quella donna. Fratello, tu sei una continua miniera di sorprese”.
E l’ auto sfreccia via nella notte.
Vermont, il mattino dopo.
“Dammi i tuoi soldi, subito” intima un rapinatore mostrando una pistola.
“Credimi, amico, non ti conviene” ribatte una persona davanti a lui.
"Dammeli o ti sparo! Tu non hai niente, io ho un’ arma”.
Con uno scatto improvviso, la persona abbranca la mano che tiene la pistola e riesce a farla cadere. Poi inizia a stringere, facendo lanciare mugolii di dolore al malcapitato rapinatore. “Anch’ io ho un’ arma, i miei muscoli”. E col suo piede fa a pezzi la pistola. Poi abbandona la presa. “Ora vattene subito, prima che inizi ad usare le maniere forti”. Il rapinatore non si fa pregare.
Ha scelto la persona sbagliata da derubare. Il suo nome è Sean Clinton McIntyre ed ha molti punti in contatto con Steve Rogers, il primo Capitan America: è stato un soldato che ha servito nell’ esercito, anche se non era gracile come la Sentinella della Libertà, ed anche a lui è stato somministrato il siero del supersoldato ideato da Abraham Erskine. Solo che era una versione per così dire più grezza e questo ha influito sulle sue capacità mentali: messo in ibernazione per precauzione, è stato riportato alla luce solo pochi mesi fa grazie all’ AIM.
Le Avanzate Idee Meccaniche, la sua spina nel fianco: volevano usarlo per i propri scopi, ma grazie all’ aiuto dei due Capitan America era riuscito a sottrarsi al loro controllo ed a cercare una sua strada personale con l’ alias di Maggiore Libertà. Ed il suo primo obiettivo da quel giorno è sempre stata l’ AIM: gliela farà pagare per quello che volevano fargli e non avrà pace fino a quando questa organizzazione non sarà stata debellata. L’ interesse al bene comune è per McIntyre inferiore o forse addirittura nullo rispetto al suo desiderio di rivalsa: è lunga la strada che porta a diventare un eroe.
Ultimamente gli è giunta la notizia della presenza di una cellula dell’ organizzazione da queste parti: una cellula rinnegata e per questo doppiamente pericolosa.
È ormai quasi arrivato nella città dove dovrebbe trovarsi, una città che ha nome Millertown.
Intanto il rapinatore da lui pestato decide di volersi prendere una vendetta,
non può farsi trattare in questo modo. Estrae dunque un pugnale e si prepara a
colpire alla schiena il Maggiore Libertà, ma improvvisamente qualcuno abbranca
la sua mano.
“Non mi piace quello che stai facendo”. E coprendogli la bocca perchè non gridi, gli spezza un dito. Il rapinatore sviene per il dolore.
“Non dovevi metterti sulla stessa strada di Bucky!”.
Palazzo dei Vendicatori.
American Dream e Vagabond rimangono meravigliate nel fare il loro ingresso in questo edificio di cui finora avevano sentito soltanto parlare: solo nei loro sogni più audaci sognavano di entrarvi. Ora quei sogni sono diventati realtà. Thin Man, invece, ha ancora il suo sguardo privo di emozioni.
“Dunque sono queste le persone che hai deciso di radunare, Jeff?” chiede Occhio di Falco, portando in disparte Capitan America.
“Sì, Clint. Cosa ne pensi?”.
“Sinceramente? Che hai una lunga strada davanti a te, amico mio”.
“Ne sono convinto anch’io. Ma, ehi, non per questo bisogna arrendersi. Vi siete arresi tu, Jan e Hank Pym quando il gruppo era composto solo da voi tre?”.
“Sai, ragazzo” dice l’ arciere “Da un po’ di tempo non ti riconosco più. E…” conclude con un sorriso “Mi piace molto di più questa tua nuova e più risoluta versione del ragazzino timido ed ansioso dei primi tempi”.
“Già, piace molto di più anche a me” sorride a sua volta Cap.
Poi inizia a dirigersi verso i suoi nuovi compagni di squadra: c’è del lavoro da portare avanti.
CONTINUA...
PROSSIMAMENTE
Litigi tra eroi e alleanze tra supercriminali (sì, lo so, una cosa mai vista prima)
Note dell' Autore: Un altro supergruppo? Sì, un altro
supergruppo. Perchè? Perchè mi piaceva farlo. Occorre fare una breve
presentazione dei vari componenti:
A) Capitan America. Forse quello che ha meno bisogno di spiegazioni. Comparso la prima volta sul one-shot Capitan America & USAgent.
Entrato a far parte dei Vendicatori poco dopo seguendo le orme del suo mentore. Chi legge Vendicatori avrà notato l’ interesse che ho in questo personaggio, maturato
oltre che chiaramente nella sua testata anche all’ interno del microcosmo degli Eroi più Potenti della Terra, dunque era la persona più adatta per essere il leader di questo gruppo.
B) American Dream: Lizzie Mace ci accompagna praticamente fin dai primi numeri della serie di Capitan America.
Ultimamente ha subito un interessante cambio di status quo quando, nel corso
della ricerca della sua sorella scomparsa Roberta, Lizzie è andata anche alla
ricerca di sé stessa. Un piccolo processo di maturazione, di evoluzione che l'ha
portata infine ad assumere l’ alias di American Dream su Capitan America 31. Da
lì ha contribuito a sventare una invasione aliena su Difensori 46/50 ed ora la
ritroviamo qui. Candidata a divenire uno dei miei personaggi preferiti, come
personaggio lo sento vicino a me pur non avendolo creato.
C) Thin Man: di lui si dice praticamente tutto nel corso della storia. Rientra
nel solco MIT di ritirare fuori tutti gli eroi della Golden Age. Perchè noi non
siamo retrogradi e sorpassati.
D) Aegis: probabilmente qualcuno sarà rimasto un po’ stupito nel vedere questo
personaggio, probabilmente in molti non lo conoscono. Aegis è comparso finora
una sola volta nell’ unico numero della serie a lui dedicata (la stessa sfortuna
di Red Raven), in cui ritrovava l’ armatura forgiata da Atena ma non riusciva ad
impedire l’ omicidio di un professore della sua scuola. La storia si concludeva
con Ercole che a spron battuto stava recandosi presso la sua abitazione: e
questo spiega il suo esordio in questa storia. AEGIS 1, infatti, pur essendo
apparso alcuni anni fa non presentava alcun particolare collegamento col MIT
Universe, dunque ho stabilito che sia avvenuto poco prima degli eventi di questo
racconto.
E) Vagabond: Priscilla Lyons, una dei tanti comprimari del periodo in cui Steve
Rogers era il Capitano. La più sfigata di certo: Nomad è nella STARS, D-Man nei
Vendicatori Ovest, lei è finita a battere sulle strade. Forse perchè di tutti
era la personalità più fragile, diversamente non si spiegherebbe perchè sia
entrata nel Programma Flagello. Comparsa in MIT finora solo su Capitan America
6/8 e su Devil 17/19 (cui Jeff Mace fa riferimento):
finalmente sottratta ad un oblio durato tre anni.
F) Maggiore Libertà: Sean Clinton McIntyre, anche lui ha esordito come Jeff Mace su Capitan America & USAgent
e poi comparso saltuariamente sulla serie dell’ eroe a stelle e strisce. Mi
piacerebbe esplorare un po' il suo passato, poichè alcune parti della sua vita
ancora non sono ben chiare.
G) Bucky: un altro Bucky! Se lo avesse saputo, Heinrich Zemo si sarebbe risparmiato la fatica di uccidere il primo. Chi è però costui? Ed ha qualche
forma di collegamento con uno degli altri Bucky?
H) Occhio di Falco: non farà proprio parte del gruppo in modo ufficiale, ma lo vedrete bazzicare intorno. Del resto è o non è il miglior amico di Jeff Mace?